full screen background image

Agostino Iacobucci, I Portici (Bologna): “In cucina unisco Campania e Emilia Romagna”

Agostino Iacobucci“Se c’è la giusta ricerca dietro, anche un semplice spaghetto al pomodoro si esalta e non è banale”. Agostino Iacobucci ha 35 anni, è nativo di Castellammare di Stabia (Napoli) ed è lo chef stellato del ristorante “I Portici” di Bologna.

Come nasce la sua passione per la cucina?

“Innanzitutto dalla scuola alberghiera e dalle varie esperienze in diversi ristoranti del Napoletano. Il mio percorso gastronomico nasce lì, dove ho avuto la possibilità di vedere che gli chef crescevano, si miglioravano, erano sempre all’avanguardia. Così ho deciso di essere sempre al passo, ho imparato la parola “gourmet” e il suo significato, ho cominciato a capire che la cucina non è solo semplicità . Ho conosciuto tanti grandi chef in Campania, a cominciare da don Alfonso, poi gli stage mi hanno permesso di arrivare ad una svolta professionale che è arrivata alla Taverna 18 con Michele De Leo. Sono stato il suo secondo, e a Napoli ho conquistato la prima stella Michelin”.

Poi da Napoli si è trasferito a Bologna…

“Sì, sono stato coinvolto nel progetto “I Portici” di Bologna, ristorante di un hotel 4 stelle lusso con 88 camere e 2 suite, che si trova in via Indipendenza. Da un ex teatro dell’800 e da una ghiacciaia del 1300 che ospita la nostra cantina, abbiamo organizzato un ristorante di qualità ed abbiamo raggiunto la stella Michelin”.

Ma “I Portici” è in continua evoluzione…

“Infatti. Insieme al ristorante che è aperto dal martedì al sabato sera, abbiamo un salone per le feste e il bistrot. La grande novità, però, è rappresentata dalla bottega del tortellino e dal take-away. La mia tradizione culinaria è tipicamente campana, dunque abbiamo studiato per un anno la lavorazione delle sfoglie e abbiamo realizzato un ottimo prodotto per lo street-food. Lavoriamo le sfoglie in una cucina a vista, prepariamo i tortellini e poi li vendiamo al dettaglio. Adesso, però, abbiamo in mente anche una scuola di cucina”.

Secondo lei cosa significa cucinare?

“Innanzitutto creatività. La mia cucina è una fusione tra Campania ed Emilia Romagna, con una ricerca costante della tecnica, ma sopratutto della genuinità e della semplicità del prodotto da utilizzare. Solo in questo modo anche un classico piatto come gli spaghetti al pomodoro diventano gourmet, basta saper ricercare i prodotti, cercando una grande pasta, un pomodoro d’eccellenza e un olio di qualità. Avendo queste componenti, la lavorazione e la tecnica danno una grossa mano, e a quel punto manca solo la presentazione”.

Dario Sautto




Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *