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Il caffè di Pasquale Lojacono

Con “Questi fantasmi”, la commedia scritta da Eduardo De Filippo nel 1945 e presentata per la prima volta al Teatro Eliseo di Roma il 7 gennaio del 1946, a emergere con il protagonista Pasquale Lojacono è quella famosa bevanda chiamata caffè. E’ proprio Eduardo nei panni del piccolo borghese decaduto nella miseria al centro della vicenda, a spiegare, rivolgendosi a un invisibile dirimpettaio, la preparazione di un caffè eccezionale con la macchinetta napoletana. Un monologo ricco di significati che, al di là dei fantasmi della storia e del fatto che Lojacono vi creda davvero o finga di crederci, delinea un inimitabile bozzetto imperniato sulla salvifica tazza di caffè. “Questa- spiega Pasquale al dirimpettaio professore Santanna- è una macchinetta per quattro tazze, ma se ne possono ricavare pure sei, e se le tazze sono piccole pure otto per gli amici. Chi mai potrebbe prepararmi un caffè come me lo preparo io, con lo stesso zelo… con la stessa cura. Capirete che, dovendo servire me stesso, seguo le vere esperienze e non trascuro niente. Sul becco io ci metto questo coppitello di carta. Pare niente, questo coppitello ci ha la sua funzione. E gia’ perchè il fumo denso del primo caffè che scorre, che poi e il più carico, non si disperde. Come pure, professò, prima di colare l’acqua, che bisogna farla bollire per tre o quattro minuti, per lo meno, prima di colarla dicevo, nella parte interna della capsula bucherellata, bisogna cospargervi mezzo cucchiaino di polvere appena macinata, piccolo segreto! In modo che, nel momento della colata qua, in pieno bollore, già si aromatizza per conto suo. E me lo tosto da me! Pure voi, professò? E fate bene. Perchè, quella, poi, è la cosa più difficile: indovinare il punto giusto di cottura, il colore. A manto di monaco…”.

Giuseppe Giorgio




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