Il fascino vitivinicolo del Mungibeddu
di Fosca Tortorelli
Da qualche anno i vini provenienti dai territori d’origine vulcanica hanno assunto sempre più interesse, non solo da parte dei tanti appassionati, ma soprattutto da nomi importanti del mondo vitivinicolo. La vetta dell’Etna, con il suo affascinante cratere, è tra le mete che attira da qualche anno grandi firme del vino, non ultimo Angelo Gaja che ha acquistato alcuni vigneti assieme ad Alberto Graci, uno dei vignaioli più accreditati e talentuosi della Sicilia.
L’Etna si consacra come uno dei grandi territori di riferimento, con una crescente attenzione rivolta a una corrispondenza sempre più autentica tra vini e il loro terroir di appartenenza.
Chiamato dai siciliani Mungibeddu o ‘a Muntagna, identificativo del riconoscere in questo imponente vulcano La Montagna per eccellenza, situata a 30 km dalla città di Catania, nel versante orientale della Sicilia racchiude un ecosistema singolare, è il vulcano più attivo d’Europa, con un’area urbanizzata con centri di piccole e medie dimensioni, che raggiungono i 1.000 metri, mentre le aree coltivate e boschive arrivano fino a 1.500 metri. Quest’area presenta una grande varietà geologica, dove l’arte di coltivare e lavorare la vite ha origini e usanze antiche. Attraverso i diversi studi scientifici, ci si è resi conto che i terreni di origine vulcanica, a volte ciottolosi e ghiaiosi, a volte sabbiosi, coadiuvati da importanti escursioni termiche, rendono i vini prodotti peculiari.
Anche qui come nelle aree vulcaniche campane del Vesuvio e dei Campi Flegrei, ritroviamo vigneti piuttosto datati e ancora a piede franco, alcuni ancora nella tradizionale forma di allevamento ad alberello, anche se non mancano impianti più attuali a cordone speronato o a spalliera.
L’areale dell’Etna Doc – riconosciuta nel 1968 come prima DOC siciliana, oltre ad essere tra le più̀ antiche d’Italia – si estende da nord a sud-ovest in una fascia che va dai 450 ai 1000 metri di altitudine sul livello del mare e viene suddivisa in contrade, che simboleggiavano i confini entro i quali delimitare la proprietà della terra. Ciascuna contrada esprime sfumature diverse e riconoscibili dello stesso vitigno grazie ai tratti geologici e pedoclimatici unici che le differenziano.
Il versante sud-occidentale è quindi caratterizzato da un’umidità più̀ bassa, qui la vite si spinge sino ai 1.100 metri; quello orientale (Giarre e S. Venerina) è il più precoce vista la sua esposizione e risente della brezza costiera; il versante meridionale (S.M. Di Licodia, Biancavilla, Paternò, Belpasso) è caratterizzato da maggiori escursioni termiche giornaliere e in ultimo quello Nord (Randazzo, Castiglione, Linguaglossa) è caratterizzato da una maggiore piovosità, oltre che da forti escursioni termiche tra diurne e notturne.
Va anche ricordato che tra il 1880 e il 1885, Catania era la provincia siciliana più vitata con oltre 90.000 ettari di vigneto, ma anche qui l’invasione della fillossera dei primi del 900, provocò una grave crisi della viticoltura. Il consumo dei vini prodotti è rimasto isolato per molti anni in provincia di Catania, avendo dato i contadini più spazio a colture maggiormente redditizie come gli agrumi, ma nel corso degli ultimi quindici anni c’è stata una crescita importante; stando ai dati istat 2017, la DOC Etna, ha raggiunto i 35mila ettolitri di produzione.
Fino agli inizi degli anni ’90 del Novecento, c’erano scarsi 15 produttori che intravedevano le reali potenzialità di quest’area vitivinicola, mentre oggi dell’Etna del vino, ha raggiunto una crescita significativa, conta una superficie di 903 ettari vitati e una produzione, stando ai dati 2017, di 2.500.000 bottiglie per un totale di 117 iscritti al Consorzio. Al compimento dei suoi cinquanta anni, questa denominazione continua a guardare al futuro con grande ottimismo, visto il momento storico particolarmente positivo.
Riguardo le varietà presenti, il vitigno Carricante ha la sua zona di elezione nell’areale di produzione della DOC Etna, dove si spinge fino a quote piuttosto alte, a volte anche superiori rispetto a quelle raggiunte dal Nerello Mascalese. Il nome stesso venne scelto dai viticoltori di Viagrande che lo hanno così denominato per la sua elevata e costante produttività.
Nelle zone di forte pendenza, i vigneti, vengono coltivati come da tradizione, su caratteristici terrazzamenti contenuti da muretti a secco di pietra lavica, che rendono unico un paesaggio singolare ed affascinante. l’Etna bianco DOC, che prevede almeno il 60%, si caratterizza per un profumo delicato di fiori bianchi e frutta a pasta bianca, con un sapore sapido, fresco e di buona persistenza e intensità. Mentre per la Doc Etna rosso o rosato, ottenuta con non meno dell’80% di Nerello Mascalese – vitigno tipico dell’areale etneo che rientra nell’antico gruppo dei vitigni “Nigrelli” così come descritti dal Sensini (1760) nelle sue “Memorie sui vini siciliani”- i vini prodotti avranno una gamma olfattiva generalmente delicata e complessa, con aromi spiccati che spaziano dal floreale della viola e delle rose ai fruttati rossi, fino ai sentori terziari dell’invecchiamento e che richiamano il territorio di appartenenza.
Bibliografia/Sitografia
• Carrera F., Latteri F., Carrera M. V., Vaiana G.(a cura di), Terza edizione biennio 2018/2019 della Guida ai Vini dell’Etna, Cronache di Gusto, 2018;
• Leonzio M., L’ Etna, il vino, i mercanti. Dimensione locale e processi di mondializzazione (1865-1906), Bonanno, 2012;
• Disciplinare di Produzione dei Vini a Denominazione di Origine Controllata “Etna”;
• http://www.vinisiciliani.it;
• http://www.winews.it;
• http://www.etnadoc.com;
• http://www.teatronaturale.it