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Le tre stelle di Mauro Uliassi

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di Alessandra Meldolesi
Da 0 a 3 stelle, ma in 28 anni. Era il 1990 quando Mauro Uliassi e la sorella Catia, educati alla somministrazione nel bar di mamma Bianca, aprirono il loro popolare ristorantino sulla spiaggia di Senigallia. L’obiettivo era rientrare dagli investimenti compiuti, mettendo a frutto la soddisfazione della clientela, ma poco alla volta il gioco prese loro la mano. Quindi una, poi due, infine tre stelle Michelin nell’edizione 2018; un locale sempre più curato e una cucina sempre meglio equipaggiata. Oggi il ristorante Uliassi conta fra le eccellenze assolute della cucina italiana grazie alla ricerca insonne e all’identità inconfondibile, decantata un anno dopo l’altro, senza che a scapitarne fosse la connessione sentimentale con la marchigianità più verace.
Privo di grandi scuole alle spalle, Mauro si è fatto voce e diapason della sua brigata, il cui nucleo storico ogni anno lavora per diversi mesi a porte chiuse alla messa a punto del Lab, il menu degustazione dell’anno. Si tratta di Mauro Paolini, Luciano Serritelli, Michele Rocchi e Yuri Raggini, ciascuno dei quali firma piatti e collabora alla loro definizione. Il risultato è un concerto di stili, armonizzati dallo chef, che sbarrano ogni strada alla noia nel dipanarsi del menu. Ma l’allerta sul gusto resta massima: il pesce dell’Adriatico (insieme a quinto quarto e selvaggina) viene squadernato chirurgicamente, per estrarne il caviale di sensazioni inedite, sontuose, a tratti estreme. Sempre manipolate con riflessività acuminata, per un esito che concilia il moto perpetuo dell’avanguardia con una familiarità popolare e profonda.
Non fa eccezione il Lab 2020, messo a punto dopo la fine del lockdown, che ha costretto a posporre la riapertura da fine marzo al 13 giugno. C’è una pasta in bianco, che sotto le mentite spoglie di burro e Parmigiano nasconde un trabocchetto; ma il lavoro è stato anche sulle lumache, su una nuova frattaglia (il rognone) e sul vegetale, per la prima volta assurto a protagonista del piatto. In alternativa è possibile optare per un degustazione meno spinto e più ecumenico, capace di soddisfare il 100% della clientela, mentre il celebre menu selvaggina quest’anno è disponibile solo su prenotazione. Meno piatti in carta, quindi, anche per ridurre gli sprechi, ma un tasso di ricerca invariato. “Quando siamo rientrati in cucina, il 10 maggio, i ragazzi erano molto preoccupati. Ho detto loro: ‘Calma, facciamo una cosa semplice, concentriamoci su quello che sappiamo fare: cucinare. Facciamo il nostro Lab, impieghiamo tutte le energie e i pensieri nello studio e nella ricerca, non pensiamo ad altro. Usciamo con un Lab spaziale’. Dopo settimane trascorse nell’incertezza, avevamo bisogno di aggrapparci alla creatività. E il nostro modo di intendere il lavoro ci ha salvato: concentrandoci con passione, usando i nostri talenti, giocando ancor più di squadra siamo riusciti a essere fieri e orgogliosi del nostro prodotto, quindi a continuare a sognare e desiderare nuovi obiettivi. Quest’anno il sentimento è stato ancora più forte”, racconta Mauro.
Lo stile non è cambiato neanche in sala, regno della bella Catia, che negli anni si è scoperta pittrice e ogni anno decora le pareti con le sue tele. Vi si fa notare sempre più la presenza disinvolta del figlio di Mauro, Filippo, mentre i vini restano affidati al sommelier Ivano Coppari.
Il ristorante è ubicato sulla “spiaggia di velluto”, con un dehors spazzato dalla salsedine. Ma il bagno non è l’unica cosa da fare in una regione ricchissima come le Marche. Da visitare è il centro storico di Senigallia, ricco di vestigia di un passato sfarzoso, con le sue piazze e le sue chiese, la Rocca di Senigallia, che ospita mostre, eventi musicali e artistici, il Palazzo Ducale con la fontana delle anatre e i Portici Ercolani. Appena fuori ci si può perdere nel labirinto di Hort, dove le piante di mais ogni anno descrivono un disegno diverso e simbolico.




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